Territorio fauna e flora di Roma Capitale
Il territorio comunale si origina dal denso centro storico e si estende nella vasta area dell’agro romano che persiste mescolandosi all’urbanizzazione diffusa senza soluzione di continuità. La città ha progressivamente inglobato le aree più remote, fino a ricoprire l’attuale superficie complessiva di 1.287 km². Oggi Roma rappresenta il più vasto Comune d'Italia, una delle Capitali europee più estese e il secondo comune agricolo d’Europa.
La popolazione è distribuita in maniera omogenea tra i Municipi e con bassi livelli di densità abitativa, grazie anche alla presenza di estese aree verdi che, nonostante le trasformazioni avvenute negli ultimi quindici anni, occupano una superficie di 129.000 ettari, di cui circa 43.000 ettari di verde e 50.000 oggetto di coltivazioni agricole.
Geologia
La Capitale si trova in un’ampia zona collinare tra il Tirreno e l’Appennino e il substrato su cui poggia è complesso come la sua storia geologica e geomorfologica. I protagonisti di questa storia sono stati i vulcani, il fiume e i suoi affluenti e i cambiamenti climatici e non ultimo l’uomo.
Il substrato più antico è rappresentato da rocce sedimentarie che si formavano in ambiente marino profondo oltre 5 milioni di anni fa. Tali depositi di argille e sabbie sono ancora oggi visibili su Monte Mario (Formazione di Monte Vaticano o Argille Azzurre). Il sollevamento di questa area dal mare è avvenuto circa 700.000 anni fa (Monte Mario, Vaticano e Gianicolo) causando lo spostamento forzato del corso del Tevere verso sud-est ma fu l’attività vulcanica dei Sabatini e dei Colli Albani a segnare l’evoluzione paleogeografica dell’area romana tra gli 800.000 e i 560.000 anni fa. I sette colli di Roma sono ciò che resta di un grande pianoro vulcanico formatosi, a partire da circa 600.000 anni fa, dal sovrapporsi di numerosi deposti piroclastici.
Di questo periodo sono i depositi di ignimbriti (Tufo Rosso a Scorie Nere Sabatino, unità della Via Tiberina, unità di Prima Porta) e i depositi di ricaduta di ceneri, lapilli e pomici (tufi stratificati varicolori di Sacrofano, tufi stratificati varicolori di La Storta, unità della via Nomentana). A partire da circa 350.000 anni prese il sopravvento il vulcanismo dei Colli Albani e risale a questo periodo la “colata lavica di Capo di Bove” della via Appia Antica.
All’azione dei vulcani sul territorio, si sono poi sovrapposte le variazioni climatiche che nel Pleistocene superiore portarono più volte allo spostamento della linea di costa. In particolare, durante l’ultima glaciazione, a partire da circa 80.000 anni fa, il livello del mare scese di oltre 110 metri e il Fiume Tevere ritornò ad essere protagonista del territorio, incidendo profonde valli nei depositi vulcanici e sedimentari. Le nuove vallate furono poi nuovamente riempite di depositi alluvionali durante la progressiva risalita del mare. Infine 5000 anni fa, la formazione della piana di Ciampino e Capannelle dovuta al cratere di Albano.
Poi i vulcani si spensero e iniziò l’azione dell’uomo. Come si legge nella Relazione sullo Stato dell’Ambiente di Roma “l’uomo in pochi secoli ha introdotto profondi cambiamenti, demolendo colline con le attività estrattive e colmando valli, alzando rilievi e bastioni di riporti, deviando, sbarrando e ricoprendo i corsi d'acqua che sono ridotti ad apparati fognari ed infine impermeabilizzando superfici sempre più ampie di territorio investito dall’urbanizzazione”.
Flora e fauna
A Roma vivono 1649 specie di piante vascolari, dette anche piante superiori, che appartengono a 139 famiglie e 677 generi. Le famiglie con il più alto numero di specie sono quelle delle Poaceae (182 specie), tipo i cereali; delle Asteraceae (175), ossia le composite, come il tarassaco o la camomilla; delle Fabaceae (169), che sono le leguminose, seguite dalle Brassicaceae (69), come i cavoli o la rucola, delle Caryophyllaceae (65), come i garofani; delle Lamiaceae (63), come la lavanda o il rosmarino; delle Apiaceae (58), come la carota e il finocchio, e delle Rosaceae (50), come le rose e i pruni. I generi maggiormente rappresentati sono Trifolium (35 specie), Carex (25), Vicia (24), Silene (19), Ranunculus (18), Juncus (17) e Allium (15).
La flora di Roma comprende anche 228 specie non native per l’Italia, 42 delle quali sono considerate archeofite e le altre 186 neofite. Ci sono anche 25 specie non native incerte. Delle 228 specie non native, 147 sono classificate come causali e 81 come stabilizzate. Sono circa 300 le specie di licheni, 818 quelle di muschi.
La Relazione vegetazionale allegata al Piano Regolatore Generale del 2008 riporta 120 entità autoctone considerate rare di cui 58 inserite nelle Liste Rosse Regionali delle Piante d’Italia. In particolare in ambito regionale 4 entità sono gravemente minacciate di estinzione, 2 minacciate, 21 vulnerabili e 31 a minor rischio di estinzione. Per la lista esaustiva delle emergenze floristiche e vegetazionali si rimanda al link: http://www.urbanistica.comune.roma.it/images/uo_urban/prg_vigente/prg_g9b.pdf
Per quanto riguarda la fauna, a Roma vivono più di 5000 specie di insetti (appartenenti a 357 famiglie e 26 ordini). Da segnalare, tra questi, alcune specie inserite nella Direttiva Habitat 92/43/CE, come il cerambice della quercia (Cerambyx cerdo), lo scarabeo eremita (Osmoderma eremita) e la polissena (Zerynthia polyxena).
Fra i vertebrati, abbiamo 26 specie di erpetofauna (10 di anfibi e 16 di rettili), tra cui popolazioni relitte di salamandrina dagli occhiali, testuggine palustre europea (sempre più minacciata dalle testuggini alloctone introdotte dall’uomo nelle aree umide) e tartaruga di terra. Frequente è l’incontro, nei parchi, del biacco, un serpente assolutamente innocuo che si ciba di topi, ratti e piccoli sauri. Tra i rettili abbiamo anche la luscengola, la cui caratteristica è quella di avere, sul corpo serpentiforme, arti molto piccoli, pressoché atrofizzati.
Ben 39 sono le specie di mammiferi che vivono nelle aree verdi urbane, tra cui abbiamo la volpe, la donnola, la faina, il tasso, l’istrice, il riccio e anche il daino e il cinghiale all’interno di alcune aree protette. Sono 12 invece le specie di chirotteri (pipistrelli), preziosi mammiferi volanti che si cibano di insetti.
Almeno 121 sono le specie di uccelli che frequentano l’area della Capitale (78 nidificanti, 15 svernanti, 16 migratorie e 2 irregolari/accidentali), e a parte le specie sinantropiche più comuni (Cornacchia grigia, Gabbiano reale, Piccione domestico, Passera d’Italia) abbiamo anche rapaci come i gheppi, le poiane, e i falchi pellegrini e ardeidi come gli aironi cenerini, le garzette e gli aironi bianchi maggiori, ai quali si aggiungono le nitticore svernanti nell’area dell’oasi urbana del Tevere e tarabusi, tarabusini e sgarze ciuffetto nei periodi del passo migratorio. Nei laghetti e nelle aree umide cittadine abbiamo il Martin pescatore (specie protetta dalla Direttiva Uccelli), oltre alla Folaga, il Tuffetto, la Gallinella d’acqua e il Germano reale nidificanti. Nei periodi di passo migratorio può capitare di avvistare anche specie particolarmente rare o accidentali per la città, come il Mignattaio e il Gufo di palude, avvistati entrambi nella Valle della Caffarella, non distante dal centro di Roma. Tra le specie più belle e colorate che dall’Africa vengono a nidificare in città, abbiamo il Gruccione e il Rigogolo. Sempre più numeroso il numero di esemplari di specie alloctone come il Parrocchetto dal collare e il Parrocchetto monaco. Tra i rapaci notturni abbiamo gli allocchi, i barbagianni e qualche esemplare di gufo comune
Sono infine 22 le specie di pesci che vivono nelle acque delle aree umide della città. In particolare nel Tevere abbiamo diverse specie, tra le quale carpe, rovelle e anguille, ma anche specie marine come il cefalo, che risalgono il fiume per scopi alimentari.
Le zone umide
Il percorso del Tevere all’interno dell’Area Metropolitana di Roma, inizia all’altezza del comune di Ponzano Romano dove funge, per qualche decina di chilometri, da confine naturale con la provincia di Rieti. In questa area attraversa prevalentemente zone agricole ed entra nella Riserva Naturale di Tevere–Farfa all’altezza di Torrita Tiberina continuando il percorso tra canneti e uccelli di palude. Qui le acque sono protette dal 1979 sotto gli accordi internazionali della Convenzione di Ramsar. Poco più avanti il Tevere si mescola con il Farfa, uno dei suoi principali affluenti quasi interamente rietino, e prosegue verso le dighe di Meana e di Castel Giubileo. Durante il passaggio delle dighe il fiume perde gran parte del suo carico di sedimenti utili alla formazione e al mantenimento della sua foce, delle coste e delle spiagge. Il paesaggio a valle della diga di Castel Giubileo cambia. Scompaiono gradualmente salici e pioppi e dalle rive fanno capolino i primi insediamenti abitativi, i capannoni e gli impianti sportivi. Il Tevere costeggia quindi il Galoppatoio di Tor di Quinto, l’Aeroporto dell’Urbe e il depuratore di Roma Nord. A Grottarossa si aggiunge anche l’Aniene, insieme al fosso Valchetta, al fosso Acqua Traversa e ad altri piccoli affluenti. Poco più avanti entra finalmente nella città eterna e la attraversa, da Ponte Milvio fino a Ponte Marconi, al di sotto del livello del traffico stradale e costeggiando la pista ciclabile tiberina. In alcuni punti del tratto urbano, la vegetazione ripariale ricompare in un difficile sforzo di competizione con il platano e la robinia, ottenendo discreti risultati anche all’Oasi Urbana del Tevere. Delle antiche acque e dei rigagnoli che si immettevano storicamente in questo tratto, restano solo i tubi collettori che hanno da tempo sostituito le aste idrografiche naturali. Dal Ponte Marconi al Grande Raccordo Anulare ricomincia l’agro romano nella sua veste urbana. I pioppi tremuli e i campi agricoli sono incastonati tre insediamenti abitativi e cantieri, tra l’area industriale della Magliana e l’ippodromo di Tor di Valle e il depuratore di Roma Sud. Le acque oltrepassano il fosso della Magliana e vengono captate dal Consorzio di Bonifica Tevere e Agro Romano per l’irrigazione delle coltivazioni. A questo punto il Tevere si lascia Roma alle spalle povero di sedimenti e carico di inquinanti e prosegue verso il mare di Ostia, allontanandosi ostinato con i rifiuti della vita frenetica romana.
Il fosso Rio Galeria e il fosso Torraccia affluenti di destra del Tevere.
Altre zone umide
Il fosso Caffarella
Il canale dei Pescatori o canale dello Stagno
Il fosso Rio Galeria
Il fosso Torraccia
Il fiume Almone
L’ansa morta del Tevere
Lago Albano
Lago di Nemi
Lago di Bracciano
Lago di Martignano
Lago ex Snia
Lago di Ponte di Nona
Il sistema ambientale di Roma Capitale
Il sistema delle aree verdi di Roma è complesso e diversificato. Le aree verdi incastonate negli insediamenti antropici altro non sono che i lembi degli ecosistemi precedenti all’urbanizzazione. Aree isolate che, mancando delle connessioni e degli elementi tipici degli ambienti naturali, non sono più in grado di svolgere le funzioni ecosistemiche se non in maniera parziale e discontinua. Un territorio sovraffollato ed ecologicamente degradato fatica ad assorbire il carico inquinante emesso nell’aria e immesso nelle acque nei suoli e lascia spazio ad una situazione di insostenibilità che da ambientale diviene anche economica e sociale. Oggi più che mai le aree verdi urbane rappresentano il punto di partenza per la riqualificazione delle grandi metropoli. La loro multifunzionalità ecologica si presta facilmente per la soluzione di una vasta gamma di criticità urbane, non da ultimo è il contributo che forniscono alla qualità della vita in termini di salute psicofisica dei cittadini. Sempre più processi per la realizzazione di città sostenibili, internazionali ed europei, coinvolgono il nostro Paese sia come direttive recepite che come impegni volontari assunti.
Dal Piano Regolatore Generale - PRG del 2008, le aree verdi di Roma sono classificate secondo le seguenti diciture: verde di arredo, verde privato, verde pubblico, ville storiche, parchi istituiti e Tenuta di Castel Porziano. Queste, insieme all’agro romano, ai parchi agricoli e al reticolo idrografico, rientrano nel sistema ambientale e agricolo del PRG, un sistema unitario di interesse naturalistico, paesaggistico e storico-archeologico. La diversa distribuzione delle tipologie di verde sul territorio diviene elemento di caratterizzazione dei Municipi come mostrato in Figura 2.
Si tratta complessivamente di una superficie verde di circa 82.500 ettari, soggetta a diverse forme di salvaguardia, e in totale del 64% del territorio capitolino. I Parchi e le Riserve Naturali (41000 ettari) sono gestite da Enti Autonomi di cui 14000 ettari da Roma Natura. A queste si aggiungono 37.073 ettari di agro romano di cui 2300 rientrano nella Tenuta del Cavaliere e Castel di Guido, direttamente gestite da Roma Capitale, e 3932 ettari di aree verdi urbane in gestione all’ U.O. Verde pubblico e Decoro urbano (ex Servizio Giardini) su un totale di 1464 aree.
Il sistema agricolo ambientale di Roma è stato racchiuso sotto un unico elaborato prescrittivo che è quello della Rete Ecologica prevista dal PRG. Le Norme tecniche di attuazione del PRG definiscono all’articolo 72 la Rete ecologica come l’insieme dei principali ecosistemi del territorio comunale e delle relative connessioni. Le misure, le azioni, gli interventi nella Rete ecologica sono volti a preservare, valorizzare, ripristinare, in modo coordinato, i valori e i livelli di naturalità delle aree, nonché ad assicurarne l’integrazione secondo criteri e obiettivi di continuità geografica e di funzionalità ecologica.
Le aree della Rete Ecologica si dividono in a) componenti primarie che comprendono gli ecosistemi a più forte naturalità come le Aree naturali protette e i Parchi agricoli; b) componenti secondarie che sono le aree di medio livello di naturalità e alto livello di integrazione tra le componenti primarie e tra le stesse componenti secondarie rappresentate anche da aree urbanizzate del “Sistema insediativo” e del “Sistema dei servizi, infrastrutture e impianti”, con valori naturalistici da preservare o ripristinare e infine c) componenti di completamento sono gli elementi che completano e ulteriormente connettono la Rete ecologica e questa al “Sistema insediativo”, e comprendono aree ricadenti in varie componenti del “Sistema insediativo” e del “Sistema dei servizi, infrastrutture e impianti”, con particolare riguardo alle aree con rischio di esondazione.
All’interno della Rete Ecologica, sono previste essenzialmente azioni di tutela degli ecosistemi per le componenti primarie e di rispristino per quelle secondarie e di completamento (Figura 3).