Il Monumento Naturale "Palude di Torre Flavia"
L’area umida protetta Monumento naturale “Palude di Torre Flavia” è situata lungo il litorale tirrenico a nord di Roma, nei comuni di Ladispoli e Cerveteri (Provincia di Roma; coordinate geografiche: 41° 58’ N; 12° 03’E). L’area, estesa su circa 40 ha, si sviluppa parallelamente alla linea di costa in direzione Nord-Ovest/Sud-Est per una lunghezza di ca. 1500 m, una profondità massima verso l’entroterra di ca. 500 m e una altitudine compresa tra 0 e 3 m s.l.m. Il Monumento Naturale Palude di Torre Flavia rappresenta una delle ultime aree palustri del litorale laziale, importante habitat naturale per l’avifauna migratoria. Dagli anni ’70 del secolo scorso l’area è stata progressivamente bonificata e attualmente si sviluppa su terreni argilloso-limosi, ricchi di materiale organico di origine vegetale che consente l’accumulo di acque nella porzione retrodunale. Lembi residuali di un’antica duna sabbiosa separano la Palude dal mare. I venti dominanti sono quelli provenienti dal mare; nei mesi autunnali prevalgono quelli di nord-ovest, mentre in estate prevalgono i venti caldi del quadrante occidentale e meridionale che accentuano gli effetti sulla vegetazione della già marcata evapotraspirazione.
L’area protetta di Torre Flavia è anche una Zona di Protezione Speciale (Z.P.S. “Torre Flavia”; Codice IT6030020), individuata in base alla Direttiva 79/409/CEE “Uccelli” e inserita nell’elenco ufficiale dal Ministero dell’Ambiente. Il perimetro della Z.P.S. coincide in gran parte con quello del Monumento naturale comprendendo anche la fascia litorale sabbiosa (non compresa nel perimetro dell’area protetta). Nella zona antistante di mare aperto è anche presente un Sito di Importanza Comunitaria (“Secche di Torre Flavia”, S.I.C. IT6000009; Dir. 92/43/CEE “Habitat”) individuato per la presenza di praterie di Posidonia oceanica (Regione Lazio, 2004). Nella Scheda Natura 2000 (Regione Lazio, 2004) si fa riferimento, tra i tipi di habitat presenti nella Z.P.S. “Torre Flavia” ai “Pascoli inondati mediterranei” (1410: Juncetalia maritimi).
Torre Flavia porta il nome del Cardinale Flavio Orsini che la costruì agli inizi del ‘500 sulle fondamenta di un precedente fortilizio medievale e nei pressi di una villa romana, nell’ambito di un grande piano Pontificio di riorganizzazione del sistema difensivo costiero, a fronte della fragilità difensiva litoranea dalle incursioni saracene. Proprio a questo periodo risale la fortificazione del castello di Palo che verrà trasformato così come è giunto a noi. La pianta della torre è quadrata con basamento a scarpa, caratteristica che rifletteva i canoni comuni dell’edilizia militare del rinascimento. La torre, a giudicare dalla divisione interna e dalle quattro torrette di avvistamento sulla terrazza, nonché dall’esistenza di una cisterna, fu sede di una importante guarnigione, strettamente legata al sistema di difesa del castello di Palo. L'attuale stato diruto della Torre deriva da bombardamenti avvenuti durante l'ultima guerra mondiale e dal processo di erosione marina. Fino agli anni ’30, Torre Flavia si trovava ancora sulla linea di costa; successivamente la progressiva erosione costiera, che dura tuttora, ha progressivamente isolato i resti dell’edificio che sono ora situati a ca. 100 m dalla terraferma. Alcuni recenti lavori (effettuati nel 2011) hanno protetto la Torre dall’azione marina. Tali strutture tuttavia hanno portato ad una erosione del litorale verso nord, con effetti erosivi marcati sulle dune dell’area protetta.
A testimonianza della elevata eterogeneità del paesaggio vegetale dell’area sono presenti molti differenti tipi di vegetazione (Vegetazione pioniera alo-psammofila, delle dune embrionali e mobili, delle praterie alofile ad emicriptofite, delle praterie iperalofile a camefite, palustre delle depressioni retrodunali, delle acque salmastre e igrofola, vegetazione nitrofila ruderale). La fascia più esterna del litorale è inadatta alla vita vegetale: i semi non attecchiscono sulla sabbia continuamente rimescolata dalle onde del mare, e le condizioni di umidità e salinità variano continuamente alternando gli stress a cui una giovane plantula può essere sottoposta. Sull’arenile di conseguenza è favorita la vita animale, che si instaura sui resti organici di alghe, molluschi ed erbe marine che vi si accumulano come detriti. Al di sopra del livello massimo di marea, dall’esterno verso l’interno, nel modello teorico di distribuzione spaziale della vegetazione costiera, troviamo comunità di terofite alonitrofile a bassa percentuale di copertura, seguite verso l’interno da comunità costruttive delle dune embrionali. Le specie che vivono sulla sabbia debbono adattarsi ad un substrato incoerente ed estremamente permeabile all’acqua: l’umidità relativa della sabbia in superficie tende a zero e le piante di duna tendono ad allungare le loro radici formando una rete che dopo le piogge è in grado di assorbire l’umidità effimera derivante dall’acqua piovana. A ridosso del cordone dunale, che nel M. N. è ridotto a un’esile e interrotta sequenza di frammenti, troviamo lacune interdunali puntiformi e ampie depressioni periodicamente inondate. In entrambi gli ambienti le piante utilizzano l’acqua salmastra e la tolleranza per la salinità diventa un adattamento fisiologico necessario alla vita vegetale. Dove il livello dell’acqua si mantiene costantemente più elevato dominano invece specie alo-tolleranti, legate ad ambienti con moderata salinità ma non sono strettamente legate a situazioni salmastre, come Phragmites australis e Bolboschoenus maritimus. Ancora maggiore la tolleranza ad ampie variazioni di salinità necessaria alla vita su suoli di depressioni più profonde soggette a oscillazioni fra fasi di inondazione ed evaporazione: nel periodo arido infatti, su un terreno che presenta caratteristiche spaccature, il sale tende a concentrarsi in superficie. In tali condizioni si rilevano Sarcocornia perennis, Aeluropus littoralis, Suaeda maritima, Salsola soda.
L’area protetta è stata da tempo indagata sotto il profilo faunistico e molti dati sono disponibili per numerosi gruppi. Di seguito si riportano alcuni cenni di inquadramento per i gruppi più facilmente osservabili. Ulteriori informazioni sono disponibili nel volume “Biodiversità, gestione, conservazione di un’area protetta del litorale tirrenico: la Palude di Torre Flavia” (Provincia di Roma, Gangemi 2006).
Uno degli obiettivi prioritari che un Ente deve porsi per gestire un’area protetta è quello di attivarsi per indagare il regime di minacce alla biodiversità e ai processi naturali, valutandone gli effetti. Nell’area sono presenti una serie di minacce riconducibili a all’azione dell’uomo, sia diretta che indiretta tanto che negli anni ’90 si diceva che ‘Torre Flavia è soprattutto una battaglia’. Tanto per avere una idea delle minacce che gravano localmente se neelencano alcune tra queste che costringono l’Ente ad una continua azione di monitoraggio, sorveglianza e azione: infrastrutture lineari, transito di veicoli a motore, transito di velivoli e di imbarcazioni a motore, calpestio e disturbi da fruizione, attivita’ venatoria e bracconaggio, inquinamento delle acque, accumulo di rifiuti, cani vaganti, specie alloctone, specie antropofile generaliste, disturbi collegati alla piscicoltura (sfalcio e gestione del fragmiteto), incendi, erosione, regimazione delle acque e stress idriche.