Adattamento ai cambiamenti climatici: Roma si prepari per tempo
Abbiamo aspettato tanto, facendo poco o nulla per l’adattamento ai cambiamenti climatici: ora l’emergenza che avanza, con la siccità da un lato e maltempo e alluvioni dall’altro, ci impone di agire subito, senza perdere altro tempo, superando i rimpalli tra istituzioni locali, quelle regionali e quelle nazionali.
Il WWF chiede al Parlamento una sessione urgente e straordinaria sulle azioni messe in campo sull’adattamento ai cambiamenti climatici e sulla decarbonizzazione. E’ indispensabile un cambiamento di mentalità e una gigantesca opera di risanamento, riparazione, messa in sicurezza, riprogettazione. Occorre adeguare tutti gli insediamenti e le attività umane alla nuova realtà, soprattutto occorre una gigantesca opera di prevenzione, con un radicale cambio di mentalità e assumendo l’importanza della funzionalità dei sistemi naturali. Una accorta ed equa gestione delle risorse naturali (a cominciare dall’acqua) per garantirci la sicurezza e la vitalità del territorio e la disponibilità (equa) delle risorse.
Attualmente sono in corso due importanti consultazioni: una sul piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico, l’altra sulla Strategia Energetica Nazionale. La redazione finale dei due documenti deve diventare una occasione di cambio di passo e di coinvolgimento in uno sforzo comune per decarbonizzare l’energia (e l’economia) e per essere resilienti al clima che sta già cambiando, più velocemente di quanto avessero previsto gli scienziati e sicuramente molto, ma molto più velocemente di noi. Le tragedie che si susseguono per il maltempo (l’ultima quella di Livorno) e che ci costringono spesso a piangere delle morti, svelano un territorio sempre più fragile, assediato e disprezzato dal cemento che porta sempre più a “tombare” fossi e torrenti sui quali costruire. Anche a Roma interi complessi abitativi sono stati costruiti incanalando l’acqua sotto case e strade. Dobbiamo smetterla di fare finta di niente e poi parlare di calamità naturali. La realtà è che non abbiamo più la possiblità di perdere tempo, perché la situazione climatica che abbiamo contribuito a modificare si sta aggravando e la sensazione forte è che siamo del tutto impreparati
SCHEDA - IMPREPARATI AI CAMBIAMENTI CLIMATICI
L’Italia continua ad essere impreparata a qualsiasi allerta maltempo. Nonostante le piogge torrenziali e le “bombe d’acqua” fossero largamente previste dopo l’eccezionale siccità estiva, anche quest’anno abbiamo iniziato a pagare il tragico tributo di vittime. Purtroppo le cause sono sempre le stesse e sono state denunciate già tantissime volte. Impreparazione. Al di là delle polemiche della politica, i responsabili istituzionali tutti devono cambiare mentalità rispetto alla allerta meteo: mentre gli esperti possono dirci che ci sono le condizioni per fenomeni intensi e/o estremi, non possono dirci se e dove effettivamente l’evento si manifesterà. È quindi necessario non prendere sotto gamba gli allarmi, perché il cambiamento climatico moltiplica il pericolo. Ancor più necessario è prepararsi non solo a gestire l’emergenza, ma a evitarla.
Canalizzazione dei corsi d’acqua e consumo del suolo. Per quanto le precipitazioni che si sono abbattute nel livornese siano state eccezionali (circa 250 mm), le responsabilità umane riguardano la gestione del territorio e dei fiumi, oltre che i cambiamenti climatici: il rio Ardenza di Livorno è un canalone che nell’ultimo tratto corre al mare tra due stretti argini attraversando il centro abitato e con case, capannoni e manufatti di ogni tipo a ridosso del fiume. Le foto della protezione civile mettono impietosamente in evidenza questo disastro urbanistico. Consumiamo suolo al ritmo di 35 ettari al giorno e tra 2012 e il 2015 * in Toscana, entro la fascia di 150 metri dagli alvei fluviali, ne è stato consumato un ulteriore 7,2%; proprio in quelle aree a maggior rischio idrogeologico. Si è irresponsabilmente continuato a costruire in aree pericolose, così In Italia la percentuale di suolo consumato all’interno delle aree a pericolosità idraulica elevata è del 7,3%, mentre è del 10,5 % nelle aree a pericolosità media, lasciando così oltre 7,7 milioni di italiani a rischio. (ISPRA, 2016).
Direttive europee inapplicate e scoordinamento tra le istituzioni. Scontiamo, tra l’altro, il notevole ritardo nell’applicazione delle importanti direttive europee “Acque” (2000/60/CE) e“Alluvioni” (2007/60/CE), la notevole confusione istituzionale con troppi soggetti nazionali e non che si occupano a più livelli di difesa del suolo senza una chiara regia a livello di bacino idrografico come, peraltro, previsto dalle normative europee. Inoltre, mancano i soldi per prevenzione e pianificazione: ne spendiamo tanti solo a fronte di emergenze che, come quella di questi giorni, sono sempre più frequenti. Per far fronte al dissesto idrogeologico è stato stimato un fabbisogno di 44 miliardi di euro, molti ma nemmeno poi così tanti se confrontati ai circa 175 di miliardi di euro spesi negli ultimi 50 anni soprattutto in emergenze, con una media di 3,5 miliardi di spesa all’anno.
Purtroppo non abbiamo più molto tempo per ulteriori improvvisazioni, dobbiamo far tesoro delle esperienze positive, che ora esistono anche nel nostro Paese, e moltiplicarle; è indispensabile raccogliere la sfida della Conferenza sul Clima (Parigi, 2015) e promuovere un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (oggi alla consultazione del pubblico), che fornisca anche focus per i diversi bacini/distretti idrografici, tenendo conto dei fenomeni di dissesto idrogologico e dell’individuazione delle aree a rischio, e attuare un vasto programma di riqualificazione ambientale per il recupero dei servizi ecosistemici, attraverso la rimozione di opere di difesa obsolete, il ripristino di aree di esondazione naturale, il recupero della capacità di ritenzione del territorio, garantendo cura e manutenzione costanti del territorio. fondamentali per una corretta azione di prevenzione ambientale